Come anticipato qualche tempo fa, la sola ipotesi che possa nascere un governo non gradito all’establishment europeo fa tornare in auge il famoso spread. Quella cosa di cui ci si era dimenticati e della quale si era tutti esperti nel 2011, all’arrivo del governo Monti. Allora arrivarono i “tecnici” a salvarci, perché con il governo politico a guida Berlusconi lo spread, il differenziale tra i Btp e gli omologhi Bund tedeschi, aveva raggiunto il record storico di 574 punti. All’insediamento di Mario Monti proveniente, come abbiamo già detto, dal mondo finanziario (presidente europeo della Commissione Trilaterale e membro del direttivo del Gruppo Bilderberg), la situazione sui mercati si è tranquillizzata e tutto è tornato alla normalità. Qualcuno potrebbe obiettare: certo, è arrivata una persona competente, che con la politica dell’austerità ha rimesso i conti in ordine ed è stato premiato dai mercati, di conseguenza lo spread è tornato a livelli accettabili. Ma con un po’ d’impegno e buona volontà potrebbe scoprire che le cose sono andate diversamente. Andando a spulciare i dati ufficiali scoprirebbe che dal novembre 2011 ad aprile 2013, cioè durante il governo Monti, il debito pubblico italiano è aumentato di 128,904 miliardi di euro, passando da 1.912,389 a 2.041,93 miliardi. Allora, come è possibile che lo spread sia sceso? Semplice, perché l’andamento dello stesso non dipende solo dal mercato, anzi, a dirla tutta, dipende solo in parte dai mercati, mentre prevalentemente dipende dalla Banca centrale europea. La dimostrazione di ciò che affermo è sotto i nostri occhi: nonostante negli ultimi anni il debito pubblico italiano sia aumentato rispetto al 2011, non c’è stato alcun allarme spread, perché tenuto sotto controllo dalla politica monetaria della BCE.