Prima di avventurarmi in riflessioni su tematiche probabilmente più ostiche rispetto alle precedenti, ma fondamentali per comprendere cosa sta accadendo in un mondo che ci appare sempre più indecifrabile, ritengo sia necessario partire dai fondamentali. Per questo motivo, saltuariamente, proporrò degli articoli che oltre contenere le consuete riflessioni, avranno anche un approccio didattico. Cercherò di trattare gli argomenti in maniera accessibile, eliminando i fronzoli, in quanto il mio proposito non è di fare sfoggio di un ipotetico sapere, ma di portare alla luce le enormi problematiche che pendono pericolosamente sul nostro capo. L’obiettivo che mi sono posto è che il maggior numero di persone non solo conosca alcuni argomenti, ma che li capisca realmente, e si renda conto fino in fondo della pericolosa situazione nella quale ci troviamo. Tutto ciò è necessario perché il sistema dell’informazione e le istituzioni pubbliche, per motivi che vedremo, hanno abdicato a questa funzione, anzi, spesso usano di proposito un linguaggio aulico e incomprensibile ai più, e comunque raccontano una storia diversa rispetto alla realtà. Fatta questa dovuta premessa, inizio trattando un argomento apparentemente più semplice e di grande fascino: la moneta. Un mezzo, quet’ultima, che utilizziamo quotidianamente, con il quale dobbiamo per forza di cose fare i conti, ma che spesso maneggiamo meccanicamente, senza riflettere su ciò che rappresenta. Ho utilizzato il termine “mezzo” non casualmente, perché è quello che la moneta è, o dovrebbe essere. Perché in realtà negli ultimi anni si è trasformata in un fine, anzi spesso per molti è il fine più importante se non l’unico. E quando un mezzo diventa un fine, si capovolgono i valori e vanno al comando della società e delle istituzioni uomini che hanno sposato un altro paradigma, verso il quale conducono il mondo. Ma di questo, forse, ci occuperemo un’altra volta. Qui parliamo della moneta, e prima di capire cos’è dobbiamo stabilire a cosa serve. Iniziamo con lo stabilire che la moneta ha tre funzioni fondamentali: la prima, che è la più semplice e intuitiva, è quella di mezzo di scambio o pagamento; la seconda è di misurazione dei valori, senza di essa sarebbe difficile stabilire e confrontare il valore dei beni; la terza è la riserva di valore, uno dei modi in cui si può decidere di conservare la propria ricchezza. La prima forma di moneta, che risale alla notte dei tempi, è il baratto, con il quale la maggior parte dei popoli si scambiava le merci. Dico la maggior parte perché sono esistite tribù primitive dove l’uso della moneta era sconosciuto; l’ultima scoperta è abbastanza recente e risale ad una tribù della Polinesia. L’esigenza di scambiare i beni è insita nell’uomo, e le prime forme di pagamento sono avvenute appunto con il baratto. Si scambiavano beni con beni e il metro di misura era l’utilità di quest’ultimi. Chiaramente questo sistema comportava non pochi problemi: innanzitutto così non c’era un metro di misura univoco, ogni bene dipendeva dall’altro e dall’esigenza che ne aveva la controparte, e cosa ancora più importante spesso le esigenze di chi scambiava non coincidevano, e per acquisire il bene desiderato erano indispensabili diversi passaggi, dando vita così allo scambio indiretto. Con il passare degli anni, alcuni beni presero il sopravvento su altri, perché erano accettati di buon grado da tutti, e iniziarono così ad essere considerati “moneta”. Ad esempio in alcune isole del Pacifico si utilizzarono le conchiglie, perché avevano le caratteristiche del “numerario”: erano tutte uguali, se ne trovavano in relativa abbondanza ed erano ben considerate. Lo stesso possiamo dire a proposito delle pellicce nelle popolazioni vichinghe. Quindi con il tempo si passa dal baratto alla moneta-merce. Ma anche quest’ultima presenta delle difficoltà, perché a seconda del bene utilizzato, si riscontravano dei limiti: in alcuni casi era difficile dividerli, in altri casi erano deperibili, ed erano inoltre ingombranti e difficili da trasportare. Allora a qualcuno venne l’idea di utilizzare i metalli preziosi, e creare delle “forme” uguali che avessero un valore intrinseco. Così nasce e si diffonde una moneta che non è deperibile, è facilmente trasportabile e ha un valore intrinseco riconosciuto da tutti. Detta così sembrerebbe quasi che tutti i problemi fossero risolti, invece ogni cambiamento porta con sé problematiche nuove. I proprietari delle miniere d’oro e dei metalli preziosi erano re o imperatori, che gestivano discrezionalmente l’offerta di moneta e ne ricavavano il “primo uso”: nasce così quello che oggi chiamiamo “signoraggio”. La quantità di moneta in circolazione quindi dipendeva esclusivamente dalle riserve di metalli preziosi posseduti da chi era al potere. Ma, come abbiamo affermato all’inizio, la funzione principale della moneta è quella di regolare gli scambi, e più cresce l’economia, più beni vengono scambiati e maggiore è la necessità di moneta. Quest’ultima serve per agevolare i passaggi e permettere la crescita del sistema. Ma l’oro posseduto da chi gestiva il potere era limitato, e con l’incremento degli scambi ne diminuiva la disponibilità. Allora qualcuno pensò di rimediare al problema con un po’ di astuzia, e in diversi casi iniziarono ad essere coniate monete che contenevano meno oro. Se fino a quel momento il valore impresso sulla moneta coincideva esattamente con il valore della quantità di materiale prezioso utilizzato, ad un certo punto si verificarono casi in cui si iniziò a fondere l’oro con materiali meno nobili, probabilmente con l’illusione che nessuno se ne sarebbe accorto. Ma purtroppo il “gioco” ebbe vita breve, perché quando si tratta di soldi sono tutti molto vigili. A questo punto è possibile immaginare le problematiche che ne scaturirono: una sorta di diffidenza generale, dove nessuno era intenzionato a cambiare le vecchie monete con le nuove, perché ritenute fasulle o meno pregiate. Ma i problemi non finiscono qui, perché se da un lato ci sono stati sovrani che hanno approfittato del loro ruolo, dall’altro lato il popolo non è stato a guardare. Infatti, una pratica frequente diffusa nella popolazione era di grattare in maniera uniforme le monete con delle lime, per appropriarsi della polvere d’oro. Di conseguenza, ad ogni passaggio di mano, le monete divenivano più piccole. Così ci spieghiamo perché tutt’oggi le monete sono zigrinate ai bordi. Insomma, i soldi aguzzano l’ingegno, e negli anni sembra che si sia giocato un po’ a “guardia e ladri”. Ma questa specie di gioco ha avuto un esito positivo, perché con i vari accorgimenti apportati se n’è perfezionato l’uso. Alle problematiche appena elencate, si deve aggiungere un altro inconveniente di non secondaria importanza: il rischio e l’elevata probabilità di essere derubato, in cui incorreva chi si spostava con al seguito delle monete preziose. Per porre rimedio a tali problemi, in epoca medioevale alcuni orafi iniziarono ad offrire un servizio: prendere in deposito l’oro concedendo in cambio dei certificati, e riservandosi l’obbligo di riconsegnare il materiale prezioso ricevuto alla presentazione del certificato. Nasce la moneta-segno, e con essa le banche. Chiaramente non fu cosa immediata, perché bisognava vincere la diffidenza iniziale di chi depositando monete d’oro si vedeva consegnare dei “pezzi di carta”. I dubbi e le paure erano tante, ma con il tempo e con enormi difficoltà il sistema iniziò a diffondersi. In una prima fase i certificati di deposito si aggiungevano alla moneta metallica, ma a partire dal XVII secolo il certificato di deposito assunse la forma di vera e propria banconota. Quando il sistema iniziò a funzionare, la pubblica autorità non rimase più a guardare, e mise in atto una serie di azioni che portarono lo Stato ad essere l’unica autorità in grado di emettere cartamoneta. Nascono così le banche centrali, prima in Inghilterra poi in Francia e Italia. Avendo l’esclusiva iniziarono e dettare le regole del gioco e, confidando nella legge dei grandi numeri, man mano iniziarono a mettere in circolazione più moneta rispetto al materiale prezioso conservato in deposito, nella convinzione che non tutti avrebbero richiesto contemporaneamente la conversione dei certificati in oro. Questo meccanismo faticò a partire, tant’è che ci furono dei fallimenti; il primo e più eclatante è stato quello della banca centrale svedese fondata nel 1661 da Johan Palmstruch, il quale detiene il primato di essere il primo banchiere centrale a essere finito in prigione. Ma con il tempo le cose iniziarono ad andare meglio, il popolo acquisì sempre più fiducia nel nuovo mezzo di pagamento, e le banche centrali mantenevano l’impegno di convertire le monete in oro; ciò era confermato dalla scritta impressa sulla banconota: “pagabile a vista al portatore”. Questo impegno della banca centrale durò fino al periodo compreso tra la prima e la seconda guerra mondiale, quando nei paesi occidentali si decretò l’inconvertibilità delle banconote in oro. Precisamente la decisione fu ratificata nella conferenza di Bretton Woods, che prese il nome dalla località americana dove si tenne l’incontro, tra il 1 e il 22 luglio del 1944. In realtà le decisioni prese nella conferenza furono diverse, ma quella che interessa noi in questa sede è l’elezione del dollaro a valuta di riferimento per gli scambi. Infatti, il dollaro rimase l’unica moneta che poteva ancora essere convertita in oro, e questo comportò che venisse utilizzata nella maggior parte degli scambi internazionali. Le altre monete venivano convertite in dollari, ma c’era l’obbligo di un cambio fisso, cioè non potevano scostarsi di molto dal valore della moneta di riferimento. Questo sistema “dollaro-centrico” terminò con l’amministrazione di Richard Nixon il 15 agosto del 1971, quando a seguito della guerra del Vietnam, si era verificato un elevato aumento della spesa e del debito pubblico e ciò provocò crescenti richieste di conversione della moneta in oro e la conseguente diminuzione delle riserve aurifere. Si interrompe così qualsiasi rapporto tra le monete in circolazione e l’oro detenuto dalle banche centrali, e nasce il corso forzoso: il valore della moneta non è più né intrinseco né garantito da convertibilità, ma è semplicemente imposto per legge. La moneta ha valore perché lo stabilisce lo Stato e tutti i cittadini vi si adeguano, accettando di consegnare un bene materiale in cambio di una moneta fatta di materiale poco pregiato,o di una banconota di filigrana. Si passa da un sistema dove la ricchezza era garantita materialmente, ad uno dove la ricchezza è data da una convenzione sociale. Nasce così la moneta legale. In realtà, anche dopo la decisione di inconvertibilità, sulle banconote è rimasto impresso, fino al 2002, la dicitura: “pagabile a vista al portatore”. Questa cosa ha creato alcuni problemi, perché si è verificato qualche caso in cui si è rivendicata la conversione, e lo Stato si è difeso dichiarando che la dicitura era rimasta impressa solo per tradizione. Ma nel frattempo, con il passaggio all’euro, la scritta è scomparsa. Le considerazioni esposte ci dimostrano come, nel corso dei secoli, il significato e l’uso della moneta è notevolmente cambiato, e continuerà a modificarsi in futuro. In un mondo che si trasforma sempre più rapidamente, sarà inevitabile il cambiamento anche nel modo di regolare il trasferimento delle merci e dei servizi. Negli ultimi anni, in alcuni Paesi più che in altri, si fa un largo uso di moneta bancaria e internet banking; inoltre dal 2009 è nata e si sta diffondendo sempre più rapidamente una moneta elettronica chiamata bitcoin: una valuta che ha la caratteristica di essere anonima e di non fare riferimento ad un ente centrale, che per ora è conosciuta e utilizzata solo dagli addetti ai lavori, ma con la quale, probabilmente, in un futuro molto prossimo dovremo iniziare a “fare i conti”. Insomma, da domani,quando teniamo tra le mani una moneta, riflettiamo su ciò che rappresenta per una comunità, il fascino della storia che racchiude, e quello che potrebbe diventare, ma soprattutto, che per quanto possa essere importante, si tratta comunque di un mezzo e non di un fine.