Nell’articolo “L’altra faccia della medaglia” abbiamo dichiarato che probabilmente la robotica andrà a dequalificare il lavoro umano, infatti l’uomo sarà sostituito o coadiuvato dalla macchina. Faccio qualche esempio: nel mondo in cui sono cresciuti quelli della mia generazione, diventare tassisti non era facile, bisognava superare un esame e dimostrare la conoscenza di un elevato numero di strade oltre a saper guidare bene il mezzo. Ora, con le macchine che a breve si guideranno da sole e con le App per chiedere e offrire passaggi, non so se continuerà ad esistere il lavoro di tassista, ma sicuramente sarà molto più semplice intraprendere questo mestiere. Lo stesso discorso vale per le professioni: medici, giornalisti, avvocati ecc. nella migliore delle ipotesi verranno assistiti, nella peggiore (per loro) saranno sostituiti da macchine quasi infallibili. Abbiamo già scritto in “Uber e la quarta rivoluzione industriale” che questo fenomeno è positivo o negativo a seconda di come lo guardiamo, se da consumatori o da lavoratori, e tenendo sempre presente che, in base alle circostanze e ai momenti, siamo tutte e due le cose. Abbiamo già descritto a sufficienza l’impatto della tecnologia sul mondo del lavoro, e partendo da questo, vorrei cercare di analizzare come, in un futuro prossimo, la robotizzazione possa influenzare altri aspetti della vita quotidiana. Infatti oltre che riservarci un futuro con lavoratori dequalificati, la tecnica ci sta rendendo sempre più ignoranti e privi di capacità critica. Quest’ultima affermazione potrebbe suonare forte e per qualcuno anche offensiva, ma è veritiera, perché le problematiche che il mondo attuale ci sta ponendo di fronte sono altamente complesse, e i cittadini, gli intellettuali e la classe politica stanno dimostrando tutti i propri limiti. Abbiamo da affrontare sfide più grandi di noi e non riusciamo a capirle fino in fondo. Il progresso e la tecnica hanno permesso la globalizzazione, così ci siamo aperti al mondo, senza prevederne le conseguenze. Viviamo su un pianeta che la tecnologia rende sempre più piccolo, ma ci appare più sconosciuto. Le nostre scelte sono sempre più controllate ed eterodirette, siamo mappati, seguiti o, per dirla con un termine tecnico di nuovo conio, geolocalizzati. Il progresso recente ha invertito i rapporti di forza, infatti, mentre fino a qualche decennio fa la tecnologia era di supporto all’uomo che la controllava e la gestiva, oggi abbiamo tra le mani dispositivi con un elevatissimo potenziale, di cui utilizziamo una piccola parte e che sono sempre più in grado di condizionarci. Alcuni si illudono ancora di controllare la tecnica, ma non hanno compreso fino in fondo quanto dipendono da questi apparecchi, e di quanto questa dipendenza aumenterà nel futuro. Questa nuova situazione ci pone di fronte a sfide che non riusciamo neanche a comprendere nella loro complessità, e pertanto ci rendono ignoranti. Chi può dire di conoscere bene i meccanismi e gli strumenti dell’attuale mercato finanziario, i problemi della genetica, dell’ambiente ecc.? Veniamo sempre più spesso chiamati a esprimerci su tematiche che non conosciamo se non superficialmente, perché sono divenute tutte molto complesse: dai diritti civili, ai dilemmi di natura etica sempre più evoluti e sofisticati, alla complessa situazione delle risorse energetiche, al surriscaldamento del pianeta ecc. Più o meno tutti si sciacquano la bocca parlando di democrazia, ma in realtà ce ne allontaniamo sempre di più. La democrazia non è il metodo per eleggere i governanti, cosa che tra l’altro non facciamo e non sappiamo fare neanche più (leggi “Il mistero del sistema elettorale”), la democrazia è il potere del popolo. Ma quale potere ha un popolo che non è più capace di comprendere i suoi problemi? Quanti hanno la competenza necessaria per analizzare seriamente tematiche complesse come le politiche economiche dell’unione Europea e riuscire a valutare i vantaggi e gli svantaggi dell’uscita dall’euro? Oppure quanti riescono a capire i meccanismi dei sistemi elettorali (quelli sì che servono o dovrebbero servire ad eleggere i governanti)? A scegliere e valutare i pro e i contro tra il maggioritario il proporzionale e tutte le varianti del caso? Siamo bombardati da notizie contrastanti, da posizioni diverse, e non potendo essere specializzati in tutti i settori finiamo per arrenderci, disinteressandoci o facendo il tifo per il politico più simpatico, più comunicativo o che appartiene allo “schieramento del cuore”. Navighiamo a vista, e con una situazione del genere non potrà che crescere il vento populista, quello di chi parla ai nostri istinti più bassi. Siamo sempre più attratti dalle copertine e meno dai contenuti, perché sono troppi complessi e non abbiamo tempo per studiarli. Ci stiamo dirigendo spediti verso un’epoca dove conta sempre meno il peso dell’autorità, e di conseguenza facciamo sempre più fatica a distinguere il vero dal falso. Questa è l’epoca delle “fake news”, in cui tutti possono dire tutto, e nessuno è in grado di distinguere la verità dalla menzogna. Stiamo diventando una sorta di taoisti a buon mercato; infatti la teoria prevalente sembra essere proprio quella del Tao: “nel bianco c’è un po’ di nero e nel nero c’è un po’ di bianco”, così ragioniamo su tutto, pensiamo sempre che in fondo nel bene ci sia un po’ di male e nel male ci sia del bene, e non riusciamo a prendere posizioni contro gli enormi problemi che attanagliano la nostra società, quali la guerra, il terrorismo, l’immigrazione ecc. Di conseguenza svetta su tutto il relativismo culturale. Anche senza sapere perché, ci sentiamo sempre in parte responsabili di quello che succede, e pensiamo sempre che in fondo non ci dicano la verità, vivendo in un clima di sospetto e diffidenza generale. Emblematico è quello che sta succedendo in questi giorni con il caso dei vaccini. Siamo arrivati a dare in pasto alla politica e ai giornalisti un tema così tecnico, che a mio avviso non ha nulla di politico. Se a tutto questo aggiungiamo il contributo dei social network, dove chiunque abbia una tastiera a portata di mano, pur non conoscendo gli argomenti, non avendo alcun titolo a riguardo e spesso ignorando persino la grammatica, può dire la sua, il cerchio si chiude. E come accade spesso, meno si ha da dire e più lo si afferma con rabbia e maleducazione. Restando sul tema dei vaccini, fino a qualche anno fa era inimmaginabile che la politica si addentrasse in un dibattito del genere. I nostri rappresentanti si sarebbero rivolti al mondo scientifico e avrebbero seguito le indicazioni senza alcun indugio. Nessuno si sarebbe sognato di mettere in discussione il parere della scienza avventurandosi in territori sconosciuti. Mentre, oggi, accendiamo il televisore o il computer e ci sentiamo fare una lezione di medicina dal primo che passa, non importa chi sia, l’importante è che riceva parecchi “Mi piace”, o che in alternativa abbia una buona dizione e venga bene in primo piano.