Con la sentenza del 5 maggio, che è passata un po’ in sordina per una buona parte dell’opinione pubblica, la Corte Costituzionale tedesca ha ribadito un concetto scontato per chi segue la politica e profondamente significativo per il futuro dell’Unione Europea. La Consulta ha confermato che si pone al di sopra della Corte di giustizia dell’Unione europea, che si era già pronunciata sulla medesima questione. Chiaramente questa è una regola che vale per loro ma non per gli alti Stati che neanche ipotizzano la possibilità di discutere una sentenza della Corte Europea. Ciò conferma che in questa Unione siamo tutti uguali, ma la Germania lo è un po’ di più. Inoltre, la Corte Costituzionale tedesca ha deciso di non decidere e di prendere tempo, ma nel frattempo ha lanciato un forte monito alla Banca Centrale Europea. In sintesi, e per non renderla troppo complicata, la Germania continua imperterrita e indisturbata sulla propria strada e, bisogna riconoscerlo, lo fa in maniera assolutamente coerente. Siamo noi che ci ostiniamo a non capire o a fare finta, a seconda dei casi. L’Unione Europea così concepita ha innanzitutto creato lo spread, permettendo così ai paesi più forti (agevolati dai tassi di interesse negativi) di lucrare sui più deboli. Poi, una volta che tutti hanno accettato come normale questo iniquo stato di cose nel quale i teutoni si sono garantiti una rendita di posizione, hanno iniziato a contrastare l’idea che qualcuno possa porre in atto misure, quali il Quantitative Easeng, che riducano i tassi d’interesse dei PIIGS, dei maiali, o se preferite dell’Italia e dei sui “compagni di merenda”. È una questione basilare, di pura logica e di interessi egoistici, perché se noi dovessimo risalire la china loro non potrebbero più lucrare. Quindi, dal loro punto di vista è tutto perfettamente lineare. Il problema è che anche noi dovremmo avere un nostro punto di vista, perché se continuiamo a guardare il mondo dalla prospettiva tedesca, la strada è già perfettamente spianata.