In questo periodo particolarmente intenso e pieno di impegni faccio fatica a trovare il tempo per scrivere; ma, seppur a fatica, non rinuncio a mettere nero su bianco alcune riflessioni che mi passano per la testa. Purtroppo non riesco a scrivere tutto ciò che vorrei, dovrete rassegnarvi a leggere solo ciò che riesco a buttare giù, il resto resterà per sempre nei miei pensieri e nelle piacevoli conversazioni, talvolta fino a notte fonda, con alcuni amici. Qualche settimana addietro avevo pensato di fare una cosa un po’ diversa, e così ho scritto una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Italiano, che forse avrei diffuso a mezzo stampa. Ma poi, riflettendoci su e dietro consiglio degli amici di cui vi ho accennato, ho desistito. Non sto qui ad annoiarvi spiegando le motivazioni che mi hanno indotto a rinunciare, anche perché non sono argomentazioni che potrebbero allettarvi particolarmente. Invece, ho deciso di farvi leggere qualcosa che potrebbe interessarvi di più, e cioè una parte della lettera. Saltando la parte generica, che riguarda più specificatamente l’argomento scolastico, di seguito vi riporto uno stralcio della missiva: “Egregio Presidente del Consiglio, le scrivo queste poche righe in quanto mi trovo in una situazione di difficoltà e solo lei può aiutarmi. Sono un docente di diritto ed economia nella scuola secondaria di secondo grado e mi ritengo una persona fortunata perché, a differenza di tanti, sono riuscito a svolgere nella vita il lavoro che amo e che ho sempre desiderato. Esercito quotidianamente con immensa passione quella che per me è una missione, nonostante le difficoltà alle quali una normativa contorta mi sottopone. Difficoltà che cercano di sottrarmi quella serenità indispensabile per svolgere al meglio il delicato lavoro a cui sono chiamato. […] Come lei sa, una parte fondamentale del mio lavoro consiste nell’entrare quotidianamente nelle classi per leggere e spiegare la Costituzione italiana. A questo lavoro affianco, quando il poco tempo a disposizione me lo permette, la lettura di un quotidiano e la riflessione collettiva su temi di attualità, tentando così di creare quel nesso tra la vita reale e lo studio che è il segreto per accendere la voglia di sapere che può illuminare il resto della vita dei ragazzi. Sono consapevole della difficoltà dell’impresa, ma so anche che per svolgere al meglio il mio lavoro ho il dovere di provarci con tutte le forze. Ed è proprio per tale modalità d’insegnamento che mi sono imbattuto in una situazione di difficoltà dalla quale non riesco ad uscire. Le chiedo aiuto perché solo lei può prestarmi soccorso. La mia richiesta è cortese ma decisa, in quanto, anche se con ruoli diversi, tutti e due abbiamo l’onore di servire lo Stato e l’obbligo morale di eseguire al meglio la missione che abbiamo scelto di affrontare. Non mi dilungo oltre e vengo subito al punto: nel primo trimestre abbiamo studiato I principi fondamentali della Costituzione, e i più meritevoli, con mia grande soddisfazione, li hanno imparati a memoria. Però, arrivati all’articolo 11 che i ragazzi hanno apprezzato in maniera particolare mi sono imbattuto nella difficoltà che mi ha indotto a scriverle”. Interrompo brevemente la lettera per riportare il testo dell’articolo in oggetto a vantaggio di chi non lo ricorda: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. “I ragazzi hanno commentato e apprezzato le nobili intenzioni dei padri costituenti e, essendo molto più arguti di ciò che comunemente si pensa, mi hanno posto una domanda alla quale non ho saputo rispondere. Mi hanno segnalato una contraddizione, facendo un parallelismo dell’articolo costituzionale appena studiato e una importante notizia riportata dai quotidiani: il mancato rispetto da parte dell’Italia della volontà di un Parlamento sovrano come quello iracheno. La domanda, spiazzante nella sua semplicità, più o meno suonava così: “Scusi professore, lei ci ha spiegato che secondo l’articolo 11 della Costituzione l’Italia ripudia la guerra e svolge solo missioni di pace. Ma se un Paese sovrano chiede ufficialmente, tramite il suo Parlamento, di non volere soldati stranieri sul proprio territorio, i nostri militari, insieme a quelli americani, perché non rispettano la decisione e vanno via? Altrimenti più che una missione di pace questa sembrerebbe un’occupazione.” Avrei potuto reagire in diversi modi a questa domanda: trattando i ragazzi con sufficienza e ignorare il loro quesito, oppure togliermi d’impaccio con una semplice scrollata di spalle, o più semplicemente partire con uno sproloquio contro l’invasore americano e il nostro ruolo gregario. Ma non ho voluto fare nulla di tutto ciò, ho semplicemente ammesso di non avere la risposta e ho proposto loro di rivolgere a lei la domanda. Spero che trovi il tempo per fornirci una risposta e che le sue non siano frasi di circostanza, che spesso in politica si è costretti ad utilizzare, ma siano parole vere, sentite, che forniscano a me l’energia per continuare a parlare della “Costituzione più bella del mondo” e ai ragazzi di scoprire la bellezza e l’orgoglio di essere italiani.” Così finisce la lettera che non ho mai spedito, ma non finisce la speranza nel voler credere che in fondo, anche se conscio delle enormi sfide che abbiamo davanti e della profonda precarietà della nostra situazione, non dobbiamo smettere di fare fino in fondo il nostro lavoro e di trasmettere quel senso di fiducia che molti di noi adulti ormai hanno perso, ma che abbiamo il dovere di inculcare alle nuove generazioni.
Capita anche a me di ascoltare osservazioni degli studenti sull’aperta violazione dei principi costituzionali da parte di organi dello Stato. Di solito rispondo evidenziando la discrepanza tra principi e proclami professati e la realpolitik; poi aggiungo che sta a noi, e più di tutto a loro che hanno la vita davanti, informarsi, partecipare, scegliersi rappresentanti adeguati e controllarli evitando che le ingiustizie vengano perpetrate anche in loro nome.
Complimenti professoressa. So che è difficile ma è la scelta giusta.