In questi tristi giorni di guerra e mattanza del popolo curdo dove sono “i duri e puri” del nostro paese? Che fine hanno fatto i “pacifisti” e i “figli del mondo”? Quelli che si sentono fratelli di tutti e quelli che per principio non mangiano animali perché la vita è sacra? Quelli che sono pronti a disperarsi, a organizzare fiaccolate e sit-in se un loro connazionale perde la vita in un teatro di guerra? E dove sono i “celoduristi” e quelli fieri di essere definiti “fascisti” che si scambiano il saluto romano? Quelli muscolosi e con le teste rasate che con protervia esibiscono i tatuaggi e poi però se la prendono con dei disperati, donne e bambini compresi, che sbarcano sulle nostre coste alla ricerca affannosa di un futuro? Dove sono i nostalgici della vecchia politica? Gli uomini e le donne di destra e di sinistra che vedono l’ideologia anche quando un gatto attraversa la strada e che sono pronti a liti interminabili per un aggettivo non consono al proprio pensiero? Che fine hanno fatto coloro che disquisiscono su tutto e non trovano mai una sintesi, perché l’appartenenza prima di tutto? Quelli che si dichiarano tutti d’un pezzo e coloro che si commuovono quando vedono un filmato degli anni ’30 sui campi di concentramento nazista? Dove sono tutti in questo momento? Perché non piangono o s’indignano per i campi di concentramento attuali più o meno vicino al nostro paese, come in Libia e Turchia, e che noi finanziamo? Perché non utilizzano tutta la retorica di cui sono capaci e mostrano il loro coraggio contro il traditore Trump e il sanguinario Erdogan? Perché non scendono in piazza e non bloccano un paese che, invece di intervenire per fermare la mattanza di migliaia di curdi, fa finta di niente e si limita a pronunciare frasi di circostanza? I politici e i mezzi d’informazione vanno avanti a parlare del nulla, dello 0,1 per cento in più o in meno di Pil, dell’impatto della prossima manovra finanziaria e dei battibecchi tra Conte, Salvini, Renzi e Di Maio, invece di approfondire ciò che sta accadendo, a pochi chilometri dal nostro paese, ad un popolo che in prima fila si è battuto contro l’Isis, mentre noi, nello stesso periodo, la cosa più avventurosa che abbiamo fatto è stata guardare l’isola dei famosi. Dove sono le idee forti? Dove sono gli umanitari? Dov’è l’Italia? E soprattutto dov’è l’Europa? Dov’è questa fantomatica Unione di Stati? Oggi più che mai, sta dimostrando di essere solo una misera unione di interessi. Un comitato di affari e burocrati bravi a far di conto e convinti che il mondo sia retto solo dall’economia. Un’organizzazione che in tutti questi anni è stata solo capace di concepire un mercato unico per scambiare le merci e una moneta unica per facilitare ciò, arricchendo così i più forti. Un’ Europa che non ha pensato minimamente alla politica internazionale e ai rapporti di forza con le altre potenze dello scacchiere mondiale. Un’ Unione che non è stata in grado di costituire un esercito comune, anzi, spesso si è vantata di aver ridimensionato le spese militari come se la guerra fosse scomparsa e sia ormai solo un retaggio del passato. Una visione limitata e sicuramente non strategica del mondo, un pensiero amnesico e superficiale, il quale dimentica che per circa la metà del pianeta la guerra non è mai finita e che noi, pur essendo stati fortunati per questi settant’anni di pace, subiremo sempre maggiori ripercussioni dalle tensioni e dagli scontri internazionali. Siamo tutti concordi nel giudicare l’atteggiamento di Trump nei confronti dei curdi siriani esecrabile e ingiustificabile, ma noi europei cosa stiamo facendo di fronte ad una tragedia umanitaria di tale portata? Quali iniziative incisive ed efficaci siamo in grado di intraprendere? D’altro canto, siamo figli di una cultura tracotante, intrinsecamente convinta che con i soldi si possa comprare tutto e, seppur critici, seguiamo codardamente e vilmente il nostro difensore statunitense, vivendo comodamente alla sua ombra. In fondo è semplice, basta girare la testa dall’altro lato quando entra in guerra per logiche imperiali celate dietro la ormai consolidata formula di lotta al terrorismo e all’ancora più fantasiosa esportazione di democrazia. Preferiamo non sapere e a volte fingiamo di non capire, al massimo ci dissociamo con delle dichiarazioni critiche, ma non troppo, perché in fondo l’America fa il lavoro sporco anche per noi, fedeli ancillari, che come avvoltoi aspettiamo pazientemente il nostro turno per accaparrarci la nostra parte.