Tutto scorre secondo copione e così l’attenzione dei media nei confronti dello scandalo sulla magistratura è già calato, per passare a nuove tematiche più attuali e di tendenza, che nel volgere di qualche giorno diventeranno a loro volta anacronistiche. In un mondo che corre all’impazzata non c’è tempo per la riflessione, perché bisogna inseguire gli eventi, che si susseguono a ritmo frenetico in un caotico ghirigoro. Invece, qui nel blog, procedo diversamente, mi concedo il privilegio di fermarmi quando mi pare, per avere il tempo di riflettere e occuparmi delle questioni che ritengo più importanti anche se non “di moda”. Se, come capita a me, qualche volta avvertite una sensazione di inadeguatezza e non riuscite a stare dietro la frenesia dei media, passate da queste parti e concedetevi il lusso di rallentare. Perché, per cercare di comprendere veramente qualcosa è indispensabile darsi del tempo. Al di là di ciò di cui ci vogliono convincere, più che la velocità conta la capacità di riflessione e di approfondimento. Allora, dopo questa dovuta premessa, prima di passare ad altro, continuiamo a trattare il gravoso problema dell’interferenza tra i poteri dello Stato, e in modo particolare quello tra il potere politico e la magistratura. Prendiamo atto che da sempre la politica, ed in particolare il potere esecutivo, ha cercato, in tutti i modi, di influenzare l’indipendenza della magistratura e in diversi periodi storici (per non andare troppo lontano pensiamo al ventennio fascista), ci è riuscita. Per questo motivo, i saggi padri costituenti hanno previsto una serie di meccanismi atti ad evitare la commistione tra i poteri. Ma, come sappiamo, il potere offusca le menti e porta l’uomo ad assumere atteggiamenti che mirano all’interesse immediato e personale, infischiandosene del bene comune: l’attuale questione della magistratura, come lo scandalo Tangentopoli degli anni novanta, sono qui a ricordarcelo. Come abbiamo detto, nel momento in cui ad un giudice si toglie l’autonomia, si annulla la sua funzione sociale, perché non sarà più garante e arbitro, ma portatore di interessi particolari. Sarebbero tante le cose da dire sull’interferenza dei poteri, ma mi limiterò a riportare un esempio concreto ed eclatante, l’ultimo, per quello che mi risulta, in ordine di tempo, così da far comprendere immediatamente di cosa sto parlando. I fatti risalgono a circa tre anni fa, quando il governo Renzi, improvvisamente, decise di diminuire l’età pensionabile dei magistrati. Con questa scelta si decise di mandare in pensione una parte di magistrati per far avanzare una altra generazione. La stessa operazione era stata messa in atto due anni prima da Orban in Ungheria, con l’improvvisa decisione di abbassare il limite dell’età pensionabile. Alcuni magistrati ricorsero alla Corte Costituzionale ungherese, la quale stabilì che il provvedimento era illegittimo, perché in questo modo si favoriva l’avanzamento di una classe dirigente di magistrati vicina al governo. Ma, nonostante la vittoria dei ricorrenti, la sentenza arrivò dopo più di un anno e nel frattempo il passaggio generazionale era avvenuto. Una cosa fondamentale da sottolineare è che anche la Commissione europea, sulla base di questa indicazione, fece ricorso autonomo alla Corte di giustizia, la quale confermò che questo modus operandi era incompatibile con le regole europee. Ma, nonostante la pronuncia della Corte, Renzi varò la riforma, così circa cinquecento magistrati si trovarono davanti a carriere imprevedibili fino al giorno prima e, da quello che sappiamo oggi, probabilmente ci fu la corsa alla “raccomandazione” per accaparrarsi l’incarico migliore. Inutile sottolineare che questo è uno dei classici casi in cui la politica è unanime, perché tutti partecipano in quota parte alla spartizione della torta. Nel mentre, continuano a raccontarci che i problemi sono altri, intrattenendoci e appassionandoci davanti alla tv con accalorati dibattiti e splendide performance dialettiche.