Il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, torna ancora sulla questione immigrazione e pensioni, e ripropone il solito teorema. Avendolo già criticato, mi limito a riportare ciò che ho scritto in precedenza, aggiungendo qualche considerazione. Il ragionamento di Boeri pur partendo da basi sensate, facendo riferimento alla mancata crescita demografica italiana se si esclude l’immigrazione, arriva però a conclusioni incomplete e superficiali, del tipo: accogliamoli perché ne abbiamo bisogno, in quanto garantiranno il futuro delle nostre pensioni. Innanzitutto con un’affermazione del genere si genera confusione, trattando il problema pensionistico unicamente come problema demografico, e dimenticando che quest’ultimo è un problema soprattutto politico ed economico-sociale. Inoltre, questo modo di ragionare si fonda sul presupposto che gli immigrati andrebbero a rimpiazzare la forza lavoro, in quanto il nostro è un Paese con sempre meno giovani, e con molti presunti lavori che gli italiani non vogliono più fare. È un ragionamento che non convince ed è facile trovare i punti di debolezza. Iniziamo con lo smentire il luogo comune dei lavori che gli italiani non vogliono più fare; forse questo era vero qualche anno fa, ma negli ultimi tempi credo che un po’ tutti stiano abbassando le proprie aspettative lavorative. Inoltre la frase è incompleta, perché bisognerebbe specificare che gli italiani non vogliono fare lavori dequalificati a certe condizioni. Probabilmente non accettano di lavorare in nero nei campi a meno di 3 euro l’ora, per 12 ore al giorno. Però ci si dimentica di precisare che quello non è lavoro! Inoltre, i dati Istat sono impietosi e mostrano una disoccupazione giovanile che, al di là dei trucchetti contabili, è intorno al 40 per cento. Per dovere di completezza bisogna aggiungere che, pur se aggravato negli ultimi anni, quello della disoccupazione è un problema endemico del nostro Paese, non siamo riusciti a debellarlo neanche nel periodo più florido del boom economico, quando nonostante l’enorme produzione di ricchezza, l’offerta di lavoro eccedeva la domanda. Bisognerebbe avere il coraggio e l’onestà intellettuale di riconoscere che in un Paese in queste condizioni, senza una seria e attenta politica di accoglienza, gli immigrati andrebbero ad ingrossare le fila dei disoccupati, trattandosi di manodopera aggiuntiva e non sostitutiva, in concorrenza e spesso disposta ad accettare qualsiasi condizione. E secondo voi, chi trae giovamento da tutto ciò? Basta darsi una risposta per individuare il vero problema, senza lasciarsi depistare da sentimentalismi e frasi ad effetto. E poi trovo sbagliato e razzista un ragionamento che basa l’accoglienza non sul gesto altruistico di aiuto verso chi è in difficoltà, ma sul vantaggio che se ne trarrebbe. Con gergo tecnico, e abili giri di parole, si vuole far passare un concetto in realtà molto semplice: “Facciamo fare a loro il lavoro sporco, perché con l’attività schiavistica terranno in piedi il sistema e garantiranno le nostre pensioni.” Sarebbe invece sicuramente più sensato tornare a fare politica, quella vera, e mettere in piedi un piano industriale e una seria politica economica che ci permettano di uscire da questa crisi di domanda nella quale siamo intrappolati. Se si torna a consumare, ci sarà bisogno di chi produce; e tornando a creare lavoro “vero”, quello retribuito e garantito, aumenteranno anche i contributi necessari per tenere in piedi il sistema pensionistico. Concludo sulla questione della decrescita demografica: è un problema serio ed endemico, che riguarda tutta l’Europa, però è anche vero che in questo campo l’Italia non sta facendo nulla. In questi ultimi anni sono state messe in atto solo politiche che hanno avversato la famiglia. Quest’ultima, invece di essere considerata il nucleo centrale e fondamento della società, è stata sbeffeggiata e bistrattata. Come può un giovane che non ha un lavoro, né prospettive per il futuro, pensare di poter mettere su famiglia? E quale forma di aiuto e di sostegno può ricevere da uno stato sociale che quotidianamente viene smantellato? Non esistono forme di aiuto (e quando ci sono, sono irrisorie) nei confronti di quei pochi che oggi hanno il coraggio di mettere al mondo dei bambini. Insomma, non si può pensare di affrontare il problema demografico, se non si mette in piedi una seria politica di sostegno alla famiglia.