Dopo una pausa piuttosto lunga, continuo il discorso intrapreso negli articoli precedenti (qui e qui) che ho intitolato: “Riflessioni in quarantena”. Per varie ragioni, ho la netta sensazione che inizi a essere chiaro a molti che sia arrivato il momento di avviare una seria riflessione e fare i conti con la realtà, accettando il fatto di essere creature determinate, finite. La pretesa di essere diversi da ciò che naturalmente siamo ci ha indotto a costruire un mondo che non è più a nostra dimensione e pertanto non riusciamo più a comprende. Le dinamiche sono diventate oltremodo complesse e smisurate. Per troppo tempo abbiamo negato i nostri limiti, demonizzando tutto ciò che segna un confine, dimenticando che quest’ultimo serve a definire, a delineare ciò che ci appartiene da ciò che non è nostro, ma serve anche per creare una identità e un senso di appartenenza. Il confine ti dice chi sei, segna la differenza tra il pubblico e il privato, tra ciò che è tuo e ciò che appartiene ad altri, ti dice qual è la tua storia e, se lo sai interpretare, ti indica la direzione. A differenza di ciò che hanno voluto farci credere, non indica chiusura ma apertura, perché solo sapendo chi sei riesci a confrontarti con gli altri e a trarre giovamento dallo scambio. Quest’ultimo non deve essere inteso, come abbiamo fatto sinora, solo delle merci, ma anche e soprattutto delle idee e dei modelli culturali. Si è di aiuto agli altri quando si ha consapevolezza di sé stessi. Lo scambio deve avvenire tra persone che abbiano una propria identità e una propria e consolidata idea di mondo. Altrimenti non è scambio ma è appropriazione indebita, perché si crea uno squilibrio nel quale c’è una parte più forte e stabilizzata (rappresentante il potere) che manipola una popolazione indifesa e informe che non ha altro credo oltre la propaganda. Un popolo spersonalizzato che si affida all’intuito e non ha più capacità di approfondire e riflettere, perché è stato menomato, manipolato e reso inerme. Un popolo che non riesce più a discernere ciò che è giusto da ciò che non lo è, che non riesce a definire e valorizzare le differenze tra i sessi e tra le culture, perché ha paura di essere accusato di sessismo o razzismo. Invece il vero razzismo è nella mancanza di regole e nel libero arbitrio che finiscono per diventare anarchia e far vincere il più forte. Badate bene, siccome è facile essere fraintesi e potrebbe essere utile a molti etichettare, è bene precisare che per quanto mi riguarda parlare di limiti non significa parlare di muri, e che questi ultimi devono essere abbattuti perché impediscono il dialogo, dividono. Non dobbiamo avere paura del confronto, anzi, lo dobbiamo cercare perché ci aiuta a crescere. I confini servono per identificare le società e per impedire che chiunque possa entrare senza alcuna regola, mentre è fondamentale che non impediscano le uscite. Chiunque deve essere libero di andare via, di misurarsi, di crescere e arricchirsi di altre esperienze. È un percorso difficilissimo, pieno di trappole e ostacoli, ma che vale la pena affrontare se vogliamo risalire la china. È un percorso che dovrebbe intraprendere gran parte dell’umanità, perché intrisa dall’ubriacatura dell’indefinito. Per farlo, tra le tante cose, è sicuramente necessario avviare un lavoro divulgativo, ed è inoltre fondamentale lavorare sulle istituzioni, tornando a dare loro dignità, rafforzandole e in alcuni casi addirittura rifondandole. In modo particolare bisognerebbe ripartire dalla scuola e dalla famiglia, che la cultura del mercato senza regole ha voluto appannare, le quali vanno riscoperte e riedificate su valori forti e ben radicati. Certo, non possiamo illuderci che tutto avvenga nell’immediato, bisogna essere consapevoli che il cammino è lungo e tortuoso, ma non bisogna mollare perché è l’unica strada possibile se vogliamo avere qualche possibilità di rinascita. È compito di ognuno di noi fare, per ciò che è possibile, il proprio dovere e mettersi in gioco, con il rischio di essere fraintesi e criticati. Bisogna stimolare la riflessione e risvegliare le coscienze, evitando le trappole degli estremismi ideologici creati ad arte e veicolati nei social e nei media in generale. Trappole con le quali si confonde tutto, la riflessione vera con la demagogia, al fine di rendere la realtà evanescente e disorientante, e con le quali si costruiscono delle logiche chiuse e intolleranti dove ognuno non riesce a concepire il mondo dell’altro perché completamente estraneo al proprio. Mondi inconciliabili frutto di falsi modelli nati per dividerci e non per stimolare il pensiero. [continua…]