Concludiamo, per ora, l’argomento con questo ultimo articolo. Dopo la disamina generale (fatta qui e qui), tornando ai nostri giorni, non dobbiamo dimenticare che ciò che stiamo vivendo, dal punto di vista economico, è peggio di una guerra. A breve avremo un crollo vertiginoso del PIL, il Fondo Monetario Internazionale prevede che saremo i più colpiti in assoluto, pronosticando una diminuzione del 9.1 per cento del Prodotto Interno Lordo italiano, una cosa mai vista prima. Ma, al di là dei numeri ipotizzabili, ci sarà sicuramente un crollo spaventoso, simile a quello di una situazione post bellica, ma con alcune differenze fondamentali: innanzitutto non ci sarà una fine netta dell’emergenza, perché la ripresa sarà lunga, globale e prorogata nel tempo; inoltre non ci sarà una “ricostruzione” materiale da fare con ingenti investimenti; infine, non ci sarà da riconvertire industrie che nel frattempo si sono specializzate nella produzione bellica, mentre ci saranno molte aziende che avranno semplicemente chiuso i battenti. In una situazione del genere non dovremmo neanche ipotizzare di seguire i parametri economici, ma dovremmo fare una sola cosa, lasciare da parte la finanza, la speculazione e gli assurdi vincoli che ci siamo imposti e che ci porterebbero dritti nelle mani degli “usurai”. Di quelli che, in questi anni, ci hanno fatto il lavaggio del cervello, ci hanno convinto che non siamo in grado di gestirci da soli, che siamo degli spendaccioni e che la colpa di tutto ciò che ci succede è nostra. Idee che hanno facilmente fatto breccia in un popolo che, nonostante abbia storicamente dimostrato capacità straordinarie, è sempre pronto a denigrarsi e a porsi in subordine con l’atteggiamento di chi ha sempre qualcosa da farsi perdonare. Un popolo che dimentica, o che forse non sa, che al di là della propaganda, l’Italia ormai da trent’anni ha un avanzo primario di bilancio, cioè, come abbiamo già spiegato ampiamente, spende meno di ciò che incassa. Non sa che l’unica cosa che ci fa andare in disavanzo sono le spese per interessi, perché da anni paghiamo interessi su un debito pubblico nato e proliferato da specifiche volontà. Anche di ciò abbiamo parlato ampiamente e quindi non mi dilungo, mi limito soltanto a ricordare che su un debito pubblico che ha ormai superato i 2400 miliardi, in questi anni abbiamo pagato oltre 3300 miliardi di interessi, e che non finiremo mai di pagarli perché è una cifra spropositata per la nostra capacità produttiva. Quindi, un fardello creato ad hoc che ci portiamo dietro e che assorbe risorse che potrebbero invece essere investite per rilanciare il Paese. Bisogna ricordare che i livelli degli interessi e dei debiti pubblici sono determinati dalle Banche centrali, e siccome noi da anni non abbiamo più una Banca centrale che funga da prestatrice di ultima istanza, siamo nelle mani di strani organismi che ci tengono costantemente sotto ricatto. Per uscire da questo tunnel nel quale ci siamo infilati c’è un’unica possibilità, fare quello che fanno tutti i paesi più progrediti al mondo e che noi abbiamo fatto per anni, diventando, nonostante le nostre ridotte dimensioni, la sesta potenza mondiale e la quinta del mondo capitalista: riappropriarci della politica economica, tramite una Banca centrale che sostenga la domanda interna e tenga in piedi l’economia del Paese. Anche rispetto a questo argomento abbiamo già visto quando è stato deciso di modificare il ruolo della Banca centrale italiana e per quale motivo. Detto ciò, possiamo facilmente dedurre che oggi abbiamo bisogno di tante cose, tranne che di indebitarci ulteriormente. Come si fece allora con il piano Marshall, che ci tirò fuori dalla difficile situazione postbellica, dovremmo fare oggi, utilizzando immediatamente, tramite la Banca centrale europea, ingenti finanziamenti a fondo perduto che ridiano linfa al Paese. Non dovremmo prendere in considerazione prestiti di alcun genere che ci indebiterebbero ulteriormente e ci getterebbero definitivamente nelle mani del sistema creditizio. Tutte le varie misure che non siano finanziamento a fondo perduto e che sono chiamati con nomi di fantasia, hanno più o meno tutte la stessa finalità: arricchire il sistema bancario e finanziario. Seguendo la linea che si sta per imboccare il nostro destino è segnato. Chi parla di “Mes senza condizioni” o non conosce lo strumento, oppure è in cattiva fede. Ciò che ci raccontano i politici è relativo, quello che conta è ciò che è stabilito dai Trattati internazionali che, come alcuni di voi sanno, sono fonti primarie e nella gerarchia delle fonti del diritto occupano una posizione di preminenza rispetto alle leggi italiane. Bene, nei Trattati sono già fissate le regole del Mes, e non sarà certo un Eurogruppo a modificarle. Oggi si potrebbe anche decidere che i soldi vengono prestati senza condizionalità, ma al comma 3 all’art.136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (vi invito calorosamente a cliccare sul link, andare a pagina 82 e verificare con i vostri occhi il contenuto) è previsto testualmente: “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Inoltre il Mes nasce per salvare gli stati che sono ad un passo dal default e che per questo motivo non riescono più a collocare i propri titoli del debito pubblico, quindi provate un po’ a immaginare quale messaggio daremmo al mercato attingendo a suddetto fondo. Tutto ciò comporterebbe un’impennata dei tassi di interesse e di conseguenza un brusco aumento dello spread. A questo aggiungiamo che in una situazione nella quale per mesi le aziende hanno fermato la produzione, il rapporto Debito/PIL nel 2020 salirà a dismisura, non solo per il debito pubblico che inevitabilmente aumenterà, ma anche e soprattutto per il PIL che precipiterà. Quindi, partendo da un rapporto già di per sé ritenuto troppo elevato, saremo al centro di una tempesta perfetta, perché considerati dalle agenzie di rating (che come abbiamo visto, sono parte fondamentale del sistema) un Paese a rischio elevatissimo e non affidabile. I nostri titoli di stato saranno declassati a titoli spazzatura e a quel punto, quando il famoso Dio mercato avrà fatto la sua parte, entrerà in scena la Troika e il gioco sarà concluso. Saremo commissariati e si prenderanno tutte le drastiche misure che serviranno per “mettere a posto” il Paese. Si procederà allo smantellamento di ciò che rimane dello stato sociale, saranno prese misure “lacrime e sangue” per porci in perfetta linea con i parametri e farci apprezzare dai mercati. Svegliamoci, abbiamo pochissimo tempo a disposizione!
Condivido la tua analisi.Che classe politica di merda!avevo sperato che almeno in questo momento così drammatico i nostri politici avessero un minimo di senso patriottico e di dignità ma mi sbagliavo pensano solo alle loro poltrone e magari a garantirsene altre in quella fogna europea.
Alcuni sono venduti altri semplicemente ignorano. Poi ci sono quelli che sanno ma che hanno paura ad agire fine in fondo.