La politica economica, sempre più affannata, cerca di governare ciò che va governato. Come abbiamo già detto, questo è il secolo nel quale l’economia è esplosa a livelli sovranazionali guidata da una finanza che si muove a proprio agio fuori dai confini nazionali, arrivando a creare una discrasia tra la necessità di nuove regole e la capacità della politica, che è rimasta chiusa nei confini nazionali, di governarla. La finanza viaggia velocissima in tutto il mondo e le regole, affannosamente, tentano di inseguirla ma senza risultati. L’economia di mercato che funzionava era quella che aveva delle regole e dei confini che facevano da arbitro. La politica non stabiliva chi fa cosa ma vigilava sul rispetto dei precetti. Oggi tutto ciò è diventato impossibile, con un’economia surclassata dalla finanza che detta modi e tempi, e chi non li rispetta è brutalmente defenestrato. Così si è arrivati a stabilire che se in Cina si costruisce un prodotto ad un certo prezzo senza rispettare alcuna normativa sulla sicurezza e sulla qualità, in Europa bisogna produrre l’identico prodotto allo stesso prezzo ma rispettando una normativa molto più stringente, altrimenti non si è competitivi. Noi che eravamo la punta avanzata del mondo siamo diventati dei mediocri esecutori burocratizzati che hanno solo debiti da pagare e sempre qualcosa da farsi perdonare. L’unico remoto filo di speranza è legato ad un risveglio della politica che miracolosamente potrebbe tornare in auge tentando di raggiungere il primato che un tempo le apparteneva, e ritornare a controllare l’economia vigilando sul rispetto delle regole. Questa è la sola strada possibile per provare a salvare ciò che la politica del ‘900 ci ha regalato.