Vista l’importanza dell’evento, credo che sia doverosa una riflessione sulla nascita di questo nuovo Governo. Come al solito, in giro si legge di tutto e i nostri politici puntualmente contribuiscono a confondere le poche e nebbiose idee in circolazione. È ridicolo parlare di “manovre segrete”, di “intrighi di Palazzo” e banalità del genere; come è risibile organizzare manifestazioni per contestare la nascita del nuovo Governo. Se proprio si volessero organizzare manifestazioni, bisognerebbe predisporle sotto casa del vero e unico responsabile di tutto ciò: Matteo Salvini. Per quello che ci è dato sapere (in base alle notizie diffuse dagli organi di stampa ufficiali), non ci sono altri responsabili. Qualcuno, incredulo di fronte a una tale leggerezza dell’ex ministro dell’Interno, ha ipotizzato “pressioni esterne” che, a mio avviso, potrebbero esserci state ma, non essendoci prove, è inutile perdere tempo nel parlarne, perché si entrerebbe nel regno della fantasia e si potrebbe dire tutto e il suo contrario. Inoltre, ammesso che ci siano state interferenze esterne, ciò non toglierebbe responsabilità a chi ha staccato la spina al governo. Ad essere sincero, mi piacerebbe convincermi che dietro tutto ciò ci siano state influenze americane e giochi di equilibri geopolitici, e non soltanto il misero narcisismo di un singolo. Però, la cosa che mi fa propendere per la seconda ipotesi è la maniera in cui l’ex Ministro ha gestito la fase della sfiducia in Parlamento, quando, di fronte ad un Conte pronto alle dimissioni, si è mostrato un misero doppiogiochista. Infatti, mentre da un lato faceva la voce grossa per tenere buoni i “fans”, dall’altro porgeva un ultimo estremo tentativo di rimediare al clamoroso autogol, ritirando la mozione di sfiducia. Questa cosa ai più sarà passata inosservata ma, agli occhi di chi l’ha notata, ha reso Conte un gigante in mezzo a dei nani politicanti. Voi direte, ma perché ce l’hai così tanto con Mattero Salvini? In realtà, chi mi segue da un po’, e ha avuto la pazienza di leggere quello che ho scritto in questi anni contro il “sistema Europa”, comprenderà perfettamente il perché di questo mio livore. Non mi stancherò mai di dire che Salvini ha avuto il merito e l’intuito di individuare dei punti nevralgici del sistema, di indicare problematiche vere, di denunciare le ingiustizie di un’Europa burocratica e finanziaria costruita intorno agli interessi dei potenti e non certo dei popoli. Nessun altro grosso partito, oltre la Lega, ha avuto il coraggio di fare altrettanto, se non le formazioni più piccole quali Fratelli d’Italia della Meloni e il Partito Comunista di Marco Rizzo. Questo a dimostrazione che non si tratta di una questione di destra o sinistra, perché dalla morsa della politica neoliberista si può uscire in tutt’e due le direzioni. Tant’è che se ascoltate Guido Crosetto di Fratelli d’Italia e Stefano Fassina di Leu, a proposito delle politiche europee, dicono le stesse identiche cose, con la differenza che Fassina all’atto pratico non fa nulla di ciò che dichiara, essendo perfettamente allineato, come la quasi totalità dei politici e dei partiti, alle politiche neoliberiste. Poi ci sono quelli che si dichiarano al di fuori dello schema “destra-sinistra”, e sono i 5 Stelle che, al di là del dilettantismo di cui vengono accusati, in realtà hanno imparato presto e bene le regole del gioco per rimanere a galla. Infatti, dopo aver fatto una dura campagna elettorale antisistema, una volta andati al governo hanno iniziato a tergiversare e modificare le loro posizioni sull’euro e sull’Europa, spiazzando tutti coloro che avevano creduto e sperato in un vero “governo del cambiamento”. Questa loro metamorfosi, da partito antieuropeista a partito di sistema, è durata poco più di un anno e si è conclusa con la nascita del governo Conte due. Insomma, la sensazione è che un po’ tutti abbiano capito quali sarebbero le tematiche da affrontare, che in molti sono consapevoli in quali guai ci siamo cacciati sottoscrivendo alcuni accordi e inserendo addirittura delle norme in Costituzione, ma che utilizzino tali argomenti solo per far leva sull’esasperazione e il disappunto dell’elettorato per una società che non funziona. Quindi anche se la Germania, l’unica vera beneficiaria di tutto ciò, ha smesso di crescere e tutti gli altri paesi continuano ad impoverirsi, e anche se spira sempre più forte un vento antieuropeista, la classe dirigente finge di non accorgersene e va avanti, infischiandosene del popolo e della democrazia. Salvini che mirabilmente, pur guidando il terzo partito, è riuscito ad arrivare al governo, una volta insediatosi ha iniziato a capire la differenza che c’è tra la teoria e la pratica, e cosa significa mettersi conto il vero potere. Quindi, ha cominciato da subito a cambiare rotta, trasformandosi in un comunicatore seriale che nella realtà ha agito in una sola direzione, quella più semplice, più economica e redditizia dal punto di vista elettorale: l’immigrazione. In questo campo ha dapprima alzato il livello di attenzione, ha esasperato gli animi e poi è intervenuto, dando l’impressione di essere l’uomo della provvidenza arrivato per risolve i problemi del paese. Nella realtà si è tenuto ben lontano dall’affrontare le problematiche vere, quelle che ci stanno trascinando alla deriva: le asimmetrie economiche e strutturali dell’Unione Europea. In questo campo, dove ci sono interessi enormi e potenti, si è limitato a fare la voce grossa, dichiarando di infischiarsene delle rigide regole europee e minacciando l’uscita dall’euro e dall’Unione se non gli avessero permesso di porre in essere straordinarie politiche economiche in deficit che avrebbero dato vita ad un nuovo miracolo economico. Insomma, ha accentuato nelle proposte e nei toni ciò che in parte aveva già promesso Renzi, ma come lui non è andato oltre gli slogan. Infatti, a causa dello spread e di minacce di vario genere, ha lasciato gestire la politica economica direttamente da Bruxelles, predisponendo una manovra finanziaria in linea con quella dei governi precedenti. Ha minacciato lo scontro frontale per poi barattare la propria sopravvivenza, accontentandosi di pochi spicci che ha subito impegnato in spesa corrente per andare all’incasso e acquisire consensi. Insomma, si è ispirato allo stile renziano imitato a sua volta dal maestro Berlusconi. Come qualcuno ricorderà, ho già scritto della responsabilità che ci si assume nel momento in cui si decide di ricoprire un incarico pubblico, del fatto che il politico non può rispondere più soltanto a sé stesso, ma deve allargare la propria coscienza e riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni. Insomma, deve agire secondo l’etica della responsabilità e non quella dei principi. Se ad esempio pensa che con la caduta di un governo di cui fa parte, si passa la mano a chi, secondo lui, possa fare il male del paese, deve a tutti i costi e con tutti i mezzi impedire che ciò avvenga, anche andando contro le proprie convinzioni e i propri interessi. Ed è proprio ciò che non ha fatto Salvini, perché, per motivi edonistici, e anche se ce ne fossero altri non cambierebbe la sostanza delle cose, ha passato le redini del comando direttamente nelle mani di chi intendeva combattere perché ritenuto il male assoluto. Con la sua azione ha permesso di mandare al governo quella classe politica che, secondo lui, è collusa e connivente con il potere economico-finanziario, padrone assoluto delle nostre vite e del nostro destino. Se ciò fosse vero, e io sono convinto che lo sia, la scelta di Salvini ha demolito quel briciolo di democrazia e di speranza che qualcuno ancora nutriva. È abbastanza evidente che questo nuovo governo è benvisto dall’Unione Europea e dall’establishment internazionale, perché se apparentemente si sono solo sostituti una parte di Ministri, nella realtà si è rinnegato tutto ciò che è stato fatto nei quattordici mesi precedenti. Il primo segnale si è manifestato con la rapida discesa dello spread; gli altri indicatori sono stati gli apprezzamenti inviati dai maggiori rappresentanti dell’establishment europeo e non solo, a partire da quelli provenienti da oltreoceano con Trump e l’agenzia dei rating Moody’s, per giungere a quelli del continente da parte del futuro presidente della Bce Chrisitne Lagarde. Nel mezzo ci sono stati quelli del presidente del Parlamento europeo David Sassoli, del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, del vicecancelliere e ministro delle Finanze tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholf e della presidente del Gruppo S&D Iratxe Garcìa. L’elenco potrebbe proseguire ma credo che il concetto sia chiaro, se i ricchi e potenti sono felici, tutti gli altri dovrebbero perlomeno dubitare che, forse, da qualche parte, qualcuno debba pagare il prezzo della loro felicità.