Per evitare sterili polemiche che non m’interessano né mi appartengono faccio una doverosa premessa: invito a leggere il seguente articolo a quei pochi che non fanno il tifo per una parrocchia politica e riescono ancora a guardare le cose con una certa dose di lucidità. Tutti gli altri possono tranquillamente cercare quello che vogliono sentirsi dire, il web è pieno di ciò che cerchiamo. Detto ciò, posso iniziare affermando che anche Salvini sta preparando la sua fine e, se le statistiche hanno un senso, la colpa è della metà di voi che mi state leggendo. Salvini appartiene alla mia generazione, e noi siamo i “sempre giovani”, quindi per una sorta di solidarietà anagrafica mi permetto di definirlo “ragazzo”. Bene, lui è un ragazzo scaltro, narciso, ambizioso, che non ha molta voglia di fare ma tanta di arrivare. Ha sicuramente il dono della perseveranza e un ottimo intuito, infatti, cosa non da tutti, sa scegliere le battaglie giuste da affrontare, perlomeno a parole, e spesso anche le persone giuste a cui affidarsi. Insomma, Salvini è uno di noi, un italiano medio con pregi e difetti degli uomini del nostro tempo, ecco perché è così acclamato. Piace non perché abbia delle qualità particolari, se non quelle sopra elencate, ma perché la gente ha bisogno di infatuarsi di qualcuno, di immedesimarsi. Il popolo ha bisogno di idoli e li trova facilmente nel circuito mediatico-televisivo che a sua volta sfrutta un sistema politico divenuto uno show dal quale attingere personaggi. In un mondo “usa e getta” ci siamo infatuati di Berlusconi, poi di Renzi, di Grillo e ora di Salvini. Ce ne saranno tanti altri, come ci saranno tanti cantanti e star televisive che dureranno una stagione o poco più. Sia ben chiaro a tutti: Salvini non è un politico con la “P” maiuscola, come i lettori anziani intendono, anche perché, purtroppo, di questi politici non ce ne sono più. Salvini, come scrissi tempo fa, è un fiutatore di vento, un politico dei nostri tempi, uno di cui è piena l’Italia, con l’unica differenza che è un po’ più bravo e fortunato. Non è sicuramente uno statista, uno che guarda alle prossime generazioni, anche perché non gli interessano, a lui interessa aver trovato il modo di vivere facendo quello che gli piace: essere acclamato e adorato, stare al centro dell’attenzione come un qualsiasi uomo di spettacolo. Infatti ha iniziato la sua attività pubblica, come lo stesso Matteo Renzi, partecipando a programmi televisivi; poi, casualmente, è stato più fortunato sul versante politico e ha continuato per quella strada. Ma diciamolo sinceramente: a chi di noi non piacerebbe essere acclamato e adulato? Chi non vorrebbe salire su un palco e osservare la gente in delirio che si sbraccia per lui? Sinceramente, mi fanno sorridere quanti se la prendono con Salvini e non si rendono conto che è soltanto l’ennesima vittima di questo sistema e che, presto o tardi, ne rimarrà stritolato come chi lo ha preceduto. Matteo Salvini, perlomeno, ha avuto il merito di guardare in faccia la realtà e di avere indicato dei problemi reali del nostro paese, quali il lavoro, l’immigrazione e l’Unione Europa così concepita. È chiaro che questi sono problemi enormi, che non possono essere affrontati e risolti in poco tempo, ma è anche vero che sono reali e profondi, e non si può, come è stato fatto in passato, far finta che non esistano. Matteo Salvini ha messo sul tavolo problematiche serie e sentite, e la gente lo ha ripagato; probabilmente non ha la statura adatta per affrontarle con serietà e quotidianamente cerca la polemica per parlare di altro. Ma Il problema non è questo, il vero problema è che essendo italiani, non ci accontentiamo di approvare o meno la sua politica, noi abbiamo bisogno di acclamare, di spellarci le mani e la lingua per una sudditanza intrinseca che non ha nessun motivo razionale, ma è probabilmente un retaggio storico e una spinta biologica di sopravvivenza. In questi ultimi mesi c’è una corsa affannosa per salire sul carro del vincitore, tutti rivendicano l’appartenenza alla Lega e la vicinanza al “Capitano”. Non ci si accontenta di votarlo, bisogna farsi il selfie e pubblicarlo sui socialnetwork. Nel volgere di pochi mesi siamo diventati tutti leghisti, e chi non lo è viene considerato un mentecatto che non ha capito come stanno le cose. Questo meccanismo perverso non fa altro che gonfiare l’ego di un “ragazzo” o poco più, che si trova a ricoprire un ruolo importante e delicatissimo (e probabilmente gliene daremo altri più importanti), senza averne le caratteristiche. A questo punto il salto verso l’autodistruzione sarà brevissimo. Il meccanismo è semplice: con la folle filosofia dell’uno vale uno introdotta dai Cinquestelle, mettiamo uno di noi in un posto che in realtà sarebbe per pochi, lo convinciamo di avere delle doti che non ha e lo spingiamo così al suicidio, per correre subito dopo nelle braccia di qualcun altro da sacrificare. Siamo diventati un popolo di vampiri, che ha continuamente bisogno di sangue per sopravvivere e di nuove vittime da cui attingere.