Dopo “Il mondo è guasto” un altro bel libro da leggere quest’ estate potrebbe essere “La classe compiaciuta” dell’economista Tyler Cowen, edito da Luiss University Press. Personalmente non condivido completamente quello che dice, ma il suo è sicuramente un interessante e autorevole punto di vista del quale tener conto. Economista alla George Mason Univerity, esponente della Scuola Austriaca e autore di uno dei blog più letti al mondo “Marginal revolution”. Cowen è sicuramente “uno di quelli che conta”, esponente della scuola marginalista, teoria economica di fine Ottocento, attualmente maggioritaria e la più influente nel panorama internazionale. Chi mi conosce e segue il blog sa che ho altri riferimenti e condivido teorie economiche che purtroppo in questi anni non trovano riscontro nelle politiche dei governi occidentali. Nonostante ciò mi trovo d’accordo con Cowen, anche se per motivi diversi, su alcune delle sue conclusioni. Per esempio sul fatto che non tutti quelli che nel mondo stanno votando per i “governi del cambiamento” in realtà vogliano il cambiamento. C’è sicuramente una parte trasversale della popolazione che, per motivi diversi, gattopardescamente vuole cambiare tutto per non cambiare nulla. Invece, quello che Cowen ritiene sia un guardare all’indietro, al periodo pre-globalizzazione selvaggia, io ritengo sia semplice buon senso, sia il ritorno ad un mondo a misura d’uomo, con regole certe e che funzioni. Mentre Cowen ha ragione quando scrive che abbiamo smesso di arrabbiarci e lottare, per paura di perdere ciò che possediamo e perché la disuguaglianza invece di creare disordine ha creato disimpegno. Per motivi diversi non esistono più serie manifestazioni di piazza e perdoniamo tutto ai governi, dando per scontato che non realizzino ciò che promettono in campagna elettorale. Ma basta lanciare uno sguardo fuori dal nostro “bel mondo” (un Occidente in piena crisi d’identità) e osservare gli sconfitti di un sistema fortemente iniquo, per capire che le cose stanno cambiando, che il mondo sta diventando sempre più intollerante e violento e che, prima o poi, bisognerà fare i conti con la realtà.