Prendo spunto dalle difficoltà del governo sulla questione Tav per una riflessione sul ruolo del politico. Il M5s commette un grave errore quando pensa di risolvere lo stallo del governo con una relazione costi-benefici dell’opera. Un’analisi del genere, per quanto dettagliata, deve essere un punto di partenza e non di arrivo per l’azione politica. Checché se ne dica, quello del politico è un ruolo estremamente difficoltoso e pertanto è destinato a pochi. Purtroppo negli ultimi anni questa cosa l’abbiamo dimenticata, illudendoci che tutti possano fare tutto, in base al famoso principio dell’“uno vale uno”. Il politico, a differenza del politicante, deve avvalersi dei tecnici e delle sue scientifiche relazioni, deve ascoltare tutte le istanze sociali che spesso sono in contrasto tra loro: deve valutare le posizioni degli industriali e degli ambientalisti; dei cacciatori, dei pescatori e degli animalisti; degli allevatori, degli agricoltori, dei commercianti e degli operatori turistici; degli sportivi e degli antisportivi; degli onnivori, dei carnivori, dei vegetariani e dei vegani; dei credenti, degli atei e degli agnostici; mi fermo qui con l’elenco che, come avrete capito, potrebbe continuare a lungo. Ma, dopo aver ascoltato tutti, deve decidere in totale autonomia per il bene comune. Deve avere la capacità di mediare e dialogare, con la consapevolezza che la verità non appartiene a nessuno ma si trova frammentata tra le varie posizioni. Chi sposa una causa lo fa, spesso, senza se e senza ma, convinto che la verità sia quella propria o della propria corporazione, ragionando, come abbiamo visto, secondo l’etica del principio. Il politico invece deve ragionare secondo l’etica della responsabilità, valutando le conseguenze delle proprie azioni. Il vero politico è colui che non segue pedissequamente le direttive del partito, ma è in grado di ragionare secondo coscienza, una coscienza collettiva e non più individuale. Sono necessarie delle doti innate, come l’ascolto, il dialogo e la mediazione, che nessun titolo di studio è capace di fornire. Ecco perché non è necessario vincere un concorso per diventare politici, ed ecco perché è un compito per pochi, a differenza di ciò che oggi ci fa credere il pensiero dominante. Se bastasse una relazione tecnica avremmo risolto tutti i problemi del Paese. Basterebbe mettere al governo dei bravi tecnici e tutto sarebbe risolto brillantemente in maniera scientifica. Purtroppo, in più di un’occasione, ci siamo illusi per poi constatare che i governi tecnici sono stati i peggiori della storia. La scienza misura, pesa, rileva, ma la politica sceglie, e più il politico è capace più il suo sguardo è rivolto al futuro. Potremmo dire che la bravura di un vero politico si misura dalla profondità del suo sguardo, dalla capacità di guardare lontano. Se fosse necessario andrebbe anche contro il volere popolare, perché non si lascerebbe guidare dai sondaggi. Invece, siamo circondati da arraffoni, capipopolo, paraculi e arrivisti. Bisognerebbe superare questo clima di antipolitica nel quale siamo immersi perché, al contrario di ciò che si pensa, abbiamo bisogno di più politica, ma di quella vera.