Sul messaggero del 14 dicembre è stato pubblicato un bell’articolo di Luca Ricolfi che vale la pena di divulgare. La sua riflessione parte dall’attentato di Strasburgo, dove pare che l’attentatore Chérif Chekatt fosse già stato condannato 27 volte per reati comuni, cioè non legati al terrorismo. Ricolfi si chiede come sia possibile che dopo aver commesso 27 reati in 29 anni di vita, si sia ancora liberi di commetterne altri. Una cosa che a lui, come a qualsiasi persona di buon senso, appare illogica. E si sofferma proprio sulla distinzione tra senso comune e buon senso, riprendendo la distinzione che fece Raffaele la Capria, il quale definiva buon senso “opportunista e conformista” perché è quello che conviene pensare in un certo momento in quanto lo pensano tutti o fingono di pensarlo, mentre il senso comune “è libero da pregiudizi perché ha il coraggio di vedere le cose per quello che sono, al di là delle costruzioni intellettuali con cui il potere cerca di ridescriverle”. Il buon senso è quello che vige nel nostro Paese e nella civilissima Europa, dove delle leggi avanzate e sofisticate non pongono un limite al numero di reati che un individuo può commettere, anzi, si è sempre liberi di sbagliare, ed è compito inderogabile dello Stato tentare di rieducare. Regole e modelli di buon senso sempre pronti a comprendere i motivi dell’altro e a porgere l’altra guancia. Dall’altro lato c’è il senso comune, del quale siamo testimoni o protagonisti quotidianamente nei dialoghi privati, negli ambienti di lavoro e tra amici. Quello che vorrebbe certezza della pena e garanzia di sicurezza dallo Stato. Ma, in un periodo in cui tutto ciò che viene dal basso è considerato populismo e quindi negativo, non viene preso in considerazione dalle élite. Così si amplifica la distanza tra il diritto naturale, che è quello che intimamente sentiamo giusto, e il diritto positivo che si fonda sul sistema di regole imposte dallo Stato. Tale distanza si sta dilatando e sta facendo nascere proteste, malumori ed estremismi. Il potere dovrebbe essere meno spocchioso ed elitario e tornare ad ascoltare il popolo, ma la distanza ormai è talmente elevata che è complicato tornare indietro. Probabilmente, come la storia c’insegna, ne prenderà coscienza quando si sarà raggiunto il punto di non ritorno, ma allora sarà troppo tardi, e le conseguenze saranno traumatiche per tutti.