Ormai è quasi unanime da parte dei governanti la critica alla politica dell’austerità, ma c’è davvero qualcuno disposto a metterla in discussione? Il Movimento 5 stelle e soprattutto la Lega, almeno nelle dichiarazioni, sono in forte disaccordo con la politica economica europea, ma avranno il coraggio e la forza di opporsi realmente? Dagli atteggiamenti degli ultimi giorni sembrerebbe di no, infatti i toni si vanno via via ammorbidendo e il ministro dell’economia, conscio delle gravi ripercussioni che potrebbero esserci dai mercati, ha rassicurato i vertici europei sulle misure della legge di bilancio. Spero di sbagliare ma ho l’impressione di vedere un film già visto con i governi precedenti, i quali partivano per Bruxelles con le intenzioni di battere i pugni sul tavolo e tornavano con il cappello in mano. Gli attuali leader politici e membri del governo, in queste settimane, in linea con chi li ha preceduti, vanno in giro rassicurando tutti sul fatto che non ci sarà l’aumento dell’Iva e delle imposte sul carburante. Come molti sanno, questi aumenti scatterebbero grazie alle ormai famose clausole di salvaguardia, che altro non sono che delle promesse, una sorta di pagherò cambiario (qui puoi vedere come sono state utilizzate negli anni dai vari governi). Insomma, un impegno a ridurre la spesa o aumentare le tasse in cambio di un po’ di elasticità da parte della rigida Unione Europea. Quello che in molti sperano sia il governo del cambiamento e che dovrebbe scardinare la politica economica europea, sembra iniziare a seguire il solco tracciato dai governi precedenti. La strategia sembra essere la stessa: predicare bene e razzolare male. Facendo un’analisi oggettiva, senza partigianeria di sorta, ci si accorge che l’unico che ha seguito alla lettera la politica dell’austerità, con i tragici risultati che conosciamo, è stato il governo Monti. Gli altri hanno finto di condividere e di attuare tale politica ma in realtà, trovandosi in una situazione di alta recessione, hanno scelto di incrementare la spesa pubblica. Solo che invece di fare investimenti altamente produttivi, che avrebbero portato risultati nel lungo periodo, hanno preferito le scorciatoie utilizzando le cifre a disposizione in spesa corrente, distribuendo mancette qua e là per consolidare il consenso politico. Ma nonostante ciò e malgrado questa spesa pubblica non avesse un elevato moltiplicatore, ci ha permesso comunque di sopravvivere e raggiungere qualche discreto risultato. Dall’altro lato, benché l’incremento di spesa pubblica, i governi hanno sentito l’esigenza di rassicurare i mercati, consci del rischio che gli investitori finanziari avrebbero potuto smettere di acquistare titoli del debito pubblico italiano. Di conseguenza sono stati costretti a rispettare il più possibile i diktat europei e non eccedere con il deficit. Quindi, a partire dal 2011 con il governo Berlusconi, che ha inventato le clausole di salvaguardia, tutti i governi (escluso Monti) hanno agito con un tale equilibrismo: da un lato dichiarando austerità e dall’altro operando in deficit. L’Unione Europea che in teoria è contro l’incremento della spesa pubblica, nella pratica ci ha concesso di accrescerla in cambio di promesse rinnovabili annualmente e che, nella situazione attuale, non potranno essere mantenute. Tutto ciò avviene all’interno di una grande finzione, dove i problemi vengono semplicemente rinviati nella speranza che arrivi qualcun’altro a risolverli. Basti pensare che il deficit è considerato talmente negativamente dall’Unione Europea da imporre ai paesi membri l’obbligo di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione. Ma nella realtà, siccome tale impegno è troppo gravoso e rischierebbe di rendere incostituzionali le leggi di bilancio, si sono trovati degli escamotage. Cosicché per il varo della legge di bilancio di quest’anno siamo giunti al punto che per evitare gli aumenti previsti, cioè le promesse fatte negli anni passati, e disinnescare le clausole di salvaguardia, bisogna trovare 12,4 miliardi di euro entro fine anno. Ma la domanda banale che salta subito in mente è la seguente: un aumento dell’Iva e del costo del carburante farebbe andare meglio l’economia? Se la risposta, credo abbastanza scontata, è negativa, allora perché dovremmo trovare degli escamotage per evitarli? Perché l’Europa dovrebbe imporci qualcosa che in realtà ci danneggia? Inoltre, perché professare qualcosa per poi fare il contrario? Spero sinceramente che le mie impressioni siano sbagliate e che questo governo abbia il coraggio e l’autorevolezza per porre fine a tali contraddizioni, avviando nei fatti un percorso sicuramente difficile ma che è l’unica via d’uscita da un sistema destinato a fallire.