Come abbiamo visto nel precedente articolo, l’applicazione della politica mercantilista ha consentito alla Germania, nell’ultimo decennio, di ottenere un enorme avanzo commerciale ed essere il paese al mondo con il maggiore saldo netto tra esportazioni e importazioni. Si è giunti a questa situazione con una serie di scelte mirate che hanno assecondato la predisposizione, storica e geografica, di questo paese ad avere la supremazia sugli altri popoli. Questo disegno parte da lontano, da una visione politico-economica nata in Europa tra il XVI e XVII secolo e adottata dalle monarchie assolute, secondo la quale si considera forte il paese che esporta di più. Per riuscire a porre in essere una tale politica negli ultimi decenni, la Germania ha avuto bisogno di mettere mano alla moneta. Perché, chiunque abbia un minimo di nozioni economiche sa che per la legge della domanda e dell’offerta, l’aumento della richiesta di un bene ne determina l’incremento del prezzo. Quindi, in un sistema economico “normale”, a cambi flessibili, se la Germania esportasse molti beni, il costo di quest’ultimi aumenterebbe. Ma non solo, l’acquisto dei prodotti tedeschi comporterebbe un incremento di richiesta della moneta tedesca, e di conseguenza lieviterebbe anche il valore del marco. Ciò comporterebbe un freno naturale all’eccesso di esportazioni, ristabilendo una situazione di equilibrio nella bilancia dei pagamenti. Queste dinamiche sono state ampiamente previste nel 1971 da un economista come Nicholas Kaldor, e successivamente negli anni ’90 da premi Nobel come Joseph Stiglitz e Paul Krugman. In un sistema a cambi flessibili, una rivalutazione del marco produrrebbe due conseguenze: un aumento delle importazioni tedesche, perché i beni esteri diverrebbero più convenienti; e una diminuzione da parte degli altri paesi di acquisti verso la Germania, perchè diventando i beni tedeschi troppo costosi, gli acquisti s’indirizzerebbero verso paesi con una moneta più debole. Invece, con l’introduzione dell’euro, una moneta a cambio fisso, il problema tedesco è stato risolto brillantemente, perché il notevole aumento di domanda di beni tedeschi non ha comportato la rivalutazione della moneta: meccanismo evitato grazie all’economie più deboli. Infatti, il valore della moneta unica è stato fissato calcolando la media aritmetica tra il valore delle monete dei paesi più ricchi (quelli del nord Europa), e quello dei paesi con economie più deboli (le nazioni del sud). È nata così una moneta sopravvalutata per i poveri e sottovalutata per i ricchi, che inchiodando i paesi ad un cambio fisso, impedisce loro di seguire il flusso naturale della legge economica della domanda e dell’offerta e reagire, a seconda dei casi, con delle rivalutazioni o svalutazioni. Quindi, il problema principale è consistito nell’eliminazione della flessibilità del cambio, di cui si sono sempre giovate le economie più deboli; mentre un problema secondario, con conseguenze più contenute, è stato la fissazione del tasso di cambio. Infatti, in sede di trattativa, notevoli furono le pressioni tedesche per ottenere un marco più debole (non a caso ci fu una svalutazione della moneta tedesca di circa il 20%), e una rivalutazione delle monete più deboli, come ad esempio la lira, per spuntare un tasso di cambio con l’euro il più elevato possibile. Ciò ha significato che con il passaggio dalla lira all’euro forse, in un primo momento, qualcuno ha avuto l’illusione di essere diventato più ricco possedendo una moneta più solida, ma subito dopo si è accorto che i prezzi dei beni e servizi italiani sono aumentati, con conseguente minor richiesta degli stessi anche dall’estero. Per un paese storicamente esportatore come il nostro, ciò ha contribuito alla fortissima crisi delle aziende, manifestatasi con fallimenti, licenziamenti e delocalizzazioni. Non potendo più usufruire della leva monetaria, cioè rivalutare o svalutare a seconda dei casi, l’unica arma in mano ai paesi in difficoltà è rimasta quella della svalutazione del lavoro, che ha prodotto le riforme degli ultimi anni volte tutte nella stessa direzione. Mentre, al contrario, per la Germania le cose sono andate esattamente all’opposto, infatti per i tedeschi l’euro è un marco sottovalutato, garantito dal cambio fisso che impedisce le rivalutazioni. Ciò ha permesso loro di conseguire il primato della nazione al mondo con il maggior avanzo commerciale. Questo a dimostrazione del fatto che, al di là di ciò che ci vogliono far credere, una moneta non è solo una moneta.
Ciao Vito…fila tutto. Il problema è capire cosa sarebbe successo se l’Italia non fosse riuscita ad entrare nell’ Euro (più PRO o più CONTRO?). La Germania chiaramente ha dettato le regole del gioco, essendo più forte. Sarebbe bastato inserire dei meccanismi di aggiustamento e solidarietà simili a quelli previsti nel GOLD EXCHANGE STANDARD e controllare i prezzi in Italia. A presto!!!!
Ciao Luca, sono convinto che negli anni abbiamo accumulato una serie di scelte sbagliate che ci hanno condotto in un vicolo cieco. Inoltre distinguerei nettamente l’argomento euro da quello dell’europa.