Nelle ultime settimane i media stanno diffondendo analisi critiche sulla modalità con la quale si sta procedendo per cercare di formare un nuovo governo. Di conseguenza, spesso, mi capita di ascoltare lamentele di elettori delusi che, nella speranza di un cambiamento, hanno votato convintamente per un partito, e ora assistono a continue scaramucce che sembrano allontanare progressivamente la nascita di un nuovo esecutivo. In realtà la loro preoccupazione è infondata, in quanto non c’è nulla di strano in ciò che sta accadendo: tutto procede come previsto. Il vero problema è un altro, ed è molto semplice, ma una buona parte di eletti ed elettori fatica a comprenderlo. L’inghippo deriva dal fatto che in Italia, dopo 25 anni di sistemi elettorali tendenzialmente maggioritari, grazie ai quali il giorno successivo le consultazioni si conosceva il nome del presidente del consiglio, siamo passati al proporzionale. Quest’ultimo è sicuramente un sistema elettorale più democratico rispetto al maggioritario ma, si sa, la democrazia costa fatica e per sua natura è lenta: ha bisogno di tempo, di accordi e di diplomazia. Come ho già scritto, non esiste un sistema elettorale migliore di un altro, ma esistono Paesi con culture e tradizioni diverse che adottano il sistema che più li rappresenta. Noi per quasi mezzo secolo abbiamo adottato il proporzionale, poi nel 1993 con l’ingresso nella seconda repubblica siamo passati al maggioritario, e ci siamo abituati a una determinata prassi politica. Ora, tornando improvvisamente al proporzionale, stiamo vivendo in maniera traumatica questo cambiamento. Infatti, i candidati hanno condotto una campagna elettorale, come da loro abitudine, con metodi da maggioritario: uno contro l’altro, senza risparmiarsi colpi bassi e denigrando l’avversario. Con la speranza, e a volte la convinzione, di vincere e andare soli al governo. Ma ora che si trovano nella fase post-elettorale, iniziano a fare i conti con la realtà, e fanno fatica a capire che le elezioni non le ha vinte nessuno. Hanno approvato una legge elettorale non comprendendo fino in fondo quali sarebbero state le conseguenze. Insomma, che ci piaccia o no, siamo tornati alle modalità della prima Repubblica, ma con la testa siamo ancora rivolti alla seconda. A molti non è ben chiaro che con il sistema elettorale proporzionale, tranne casi eccezionali, non si vince da soli. Gli elettori danno delle indicazioni di voto, ma sono poi i partiti che entrano in parlamento a giocarsi la partita. Vince non solo chi ha più voti, ma anche chi è più bravo a tessere rapporti e ha più strategia, insomma chi conosce meglio l’arte della politica. Ci vorrà ancora un po’ di tempo e questa cosa sarà chiara a tutti, e a quel punto, come d’incanto, nascerà un nuovo governo.