Come abbiamo visto nell’articolo “vale tutto”, nell’ultima legislatura la spesa pubblica in Italia è incrementata, in termini assoluti, di 25 miliardi. Personalmente la cosa non mi disturba, perché credo sia l’unico strumento davvero efficace per rimettere in moto un’economia in profonda crisi. Ma i soldi dello Stato possono essere spesi in diversi modi, e le ricadute positive sulla ricchezza dei cittadini non è sempre uguale. Se guardiamo il Rapporto sull’Economia Italiana, redatto dal Centro Studi Economia Reale, vediamo che nell’ultimo quinquennio ciò che è realmente aumentata è la spesa corrente, passata da 755 a 782 miliardi. Inoltre, dobbiamo considerare che all’interno della spesa corrente sono compresi i pagamenti degli interessi del debito pubblico, e non tutti sanno che questi ultimi sono notevolmente diminuiti, grazie al quantitative easing, la politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea. Quindi, se ai 27 miliardi di incremento di spesa corrente, aggiungiamo i 18 miliardi di interessi di debito pubblico non pagati grazie al “bonus Draghi”, ne deduciamo che la spesa corrente sarebbe aumentata di 45 miliardi. A questo ragionamento fa da corollario la bassa spesa per investimenti pubblici. Basti pensare che questi, nell’ultimo anno, sono stati di appena di 36 miliardi. Una cifra che è perfettamente in linea con quanto è stato investito negli anni precedenti. Questa serie di dati oggettivi, forse un po’ complicati da scovare per i meno avvezzi, una volta individuati ci conducono ad una conclusione lapalissiana: con una spesa pubblica che supera gli 800 miliardi, i vari governi che si sono succeduti hanno preferito spendere soldi in spesa corrente, piuttosto che investire in futuro. Probabilmente perché la spesa di funzionamento è quella più visibile, premia nell’immediato e dà consenso elettorale. Ciò non significa che non produca ricchezza, ma preferirla alla spesa in conto capitale in un momento di profonda crisi, non sortisce gli effetti sperati. Mentre, come abbiamo già detto, le somme che lo Stato spende in investimenti pubblici tornano indietro incrementate, grazie al meccanismo del moltiplicatore keynesiano. Gli investimenti producono sicuramente progresso e ricchezza, ma hanno un inconveniente: è necessario attendere. È questo è un mondo che non ha tempo, vuole tutto e subito, e non c’è spazio per un pensiero e un’azione che vada oltre il domani.