Fino a sabato 3 marzo eravamo un Paese in ripresa, uscito dalla crisi, e se qualcuno osava dire il contrario era considerato millantatore e rancoroso. A due giorni dalle elezioni, l’Unione Europea è tornata a farsi sentire, e lo ha fatto per bocca del commissario agli affari economici Pierre Moscovici e il vicepresidente della commissione Valdis Dombrovskis, e questa volta non si è trattato di complimenti. Ci hanno ricordato che: siamo un Paese a rischio con “il secondo debito pubblico più elevato dell’Ue”, che la crescita è “molto sotto la media europea” e che “la produttività è bassa”. Da un giorno all’altro siamo tornati ad essere gli ultimi della classe, quelli che non hanno fatto i compiti e rischiano di essere bacchettati. Quindi, i messaggi sottintesi sono: affrettatevi a costituire un nuovo governo; e che sia filoeuropeo. La Germania è stata per ben cinque mesi senza un esecutivo, ma nessuno si è sognato di proferire parola. Mentre noi, a poco più di 48 ore dal voto, abbiamo iniziato a ricevere le prime pressioni. Questo è solo l’inizio, ne vedremo delle belle nelle prossime settimane. Si tornerà a parlare di spread, di debito pubblico e si metterà in discussione la tenuta dello Stato. Per questo motivo possiamo stare tranquilli, ed essere certi che il governo si farà; ma non perché si troverà la “quadratura del cerchio”, ma solo perché la pressione da parte dei “padroni dell’Europa” sarà tale che non avremo alternative. Ciò premesso, non è complicato comprendere che sono innumerevoli i vantaggi di un Paese ricco a unirsi, politicamente ed economicamente, con Paesi meno solidi: il principale è di tenerli sotto scacco e costringerli a eseguire ciò che desidera il più forte. Quindi, la sola certezza che abbiamo, è che continuando a giocare sullo stesso tavolo, non usciremo mai da questa situazione di debolezza e precarietà. Ma chissà, dal responso delle urne sono venute fuori tante cose, tra le quali c’è l’italianità, la caratteristica di un Paese che avrà anche tanti difetti, ma che non bisogna mai compiere l’errore di sottovalutare, perché potrebbe riservare enormi sorprese.