In questo articolo approfondiamo i concetti accennati ne: Il futuro del mondo in una scommessa. Vediamo come il potere finanziario non influenza più indirettamente le scelte politiche ma le scrive, avendo ormai occupato la stanza dei bottoni. È bene precisare che tutto ciò avviene platealmente, in una sorta di indifferenza generale. Le prove di ciò che asserisco si evincono in maniera chiara da quello che sta accadendo nella prima potenza mondiale: gli Stati Uniti d’America. L’attuale presidente Donald Trump, che pur essendo miliardario, è riuscito a farsi percepire come anti-sistema e a vincere contro l’avversaria Hillary Clinton che agli occhi degli americani rappresentava l’establishment del potere politico-finanziario. In campagna elettorale Trump accusava le società finanziarie di derubare la “working class” o per dirla in italiano la “classe operaia”. Se la prendeva in modo particolare con la Goldman Sachs, che è tra le più grandi banche d’affari al mondo. Fondata nel 1869 da Marcus Goldman e Samuel Sachs, ha sede legale a New York nel quartiere di Lower Manhattan, centro finanziario maggiore della città, in un edificio (Goldman Sachs Tower) che con i suoi 42 piani e 238 metri di altezza è tra i cinquanta grattacieli più alti degli Stati Uniti. Una banca che ha filiali nei principali centri finanziari del mondo, quali: Londra, Francoforte, Tokyo e Hong Kong; e con un fatturato di circa 30 miliardi di dollari ha più di 33mila dipendenti. Ho indicato questi dettagli per capire meglio di cosa stiamo parlando. Nei giorni conclusivi della campagna elettorale è stato diffuso un spot televisivo nel quale Trump si esprimeva in questi termini: “una struttura di potere globale che è responsabile delle decisioni economiche che hanno derubato la nostra working class, privato il nostro paese della sua ricchezza e messo quel denaro nelle tasche di un manipolo di grandi corporation ed entità politiche”. Ma una volta eletto, Donald Trump ha nominato nei ministeri e nei posti chiave miliardari che provengono dal settore finanziario. Tra i più noti c’è Rex Tillerson, nominato segretario di stato, incarico importantissimi negli Stati Uniti, trattandosi del coordinatore della politica estera che siede nel gabinetto governativo e svolge anche la funzione di ministro della giustizia. Rex Tillerson è amministratore delegato della Exxon, la più grande azienda petrolifera del mondo, oltre essere uno dei più grandi investitori stranieri in Russia, tant’è che lo stesso Puntin gli ha conferito l’ordine dell’amicizia, una delle massime onorificenze russe. Altro nome importante è quello di Steven Mnuchin, nominato al Tesoro. Si tratta di un produttore hollywoodiano che è stato per diciassette anni nella Goldman Sachs, e ha incrementato la sua fortuna durante la crisi immobiliare del 2008. Poi c’è un tassello importante che ai più non dirà nulla, ma in realtà è un atto molto significativo, si tratta della nomina del banchiere Gary D. Cohn (presidente e direttore operativo Goldman Sachs dal 2006 al 2017) a direttore del National Economic Council. Quest’ultimo tradotto in italiano è il Consiglio Economico Nazionale, un ramo dell’ufficio esecutivo del Presidente, il quale se ne serve per ricevere consigli di natura economica. Tale organo fu istituito il 25 gennaio 1993 dall’allora Presidente Bill Clinton, al quale nominò Robert E. Rubin, proveniente da Goldman Sachs, passato poi al Tesoro. Sulla stessa linea si mantennero i Repubblicani, infatti George W. Bush nominò al Consiglio Economico Nazionale Stphen Friedman, anche lui uomo Goldman. Questo forte intreccio tra banche e politica negli Stati Uniti rallentò a seguito della crisi del 2008 quando il presidente Barack Obama riformò Wall Street, approvando (non so se per scelta o per necessità) il Dodd Frank Act, un complesso intervento volto a regolamentare la finanza e a tutelare i consumatori, costringendo le banche ad accantonare maggiori capitali per fronteggiare i rischi, sottoponendo le stesse a controlli più stringenti e limitando la remunerazione degli azionisti. Nonostante ciò lo stesso Obama non è stato completamente immune dall’influenza finanziaria, infatti anche nel suo gabinetto ci sono stati uomini della Goldman come ad esempio Rahm Emanuel. Ma non si piò certo negare che negli anni di presidenza Obama, l’influenza dei colossi finanziari si è attutita. Oggi con Trump le cose stanno cambiando, nonostante le sparate in campagna elettorale contro Hillary Clinton, definita “serva” di Wall Street, il miliardario americano probabilmente anche e soprattutto per difendere i suoi innumerevoli interessi sembra orientato ad allentare le restrizioni imposte dal Dodd Frank Act, con un ritorno ancora più marcato della commistione finanza-politica.